AEMILIA #6: L'indagine Pandora
- saradonatelli0920
- 10 ago 2015
- Tempo di lettura: 2 min

Questa indagine, affidata anch’essa alla DDA di Catanzaro, riguarda personaggi appartenenti alle famiglie Grande Aracri, Nicoscia, Capicchiano, Russelli (da un lato) e Arena, Trapasso, Dragone, Megna (dall’altro). L’attività investigativa ha inizio con l’omicidio di Pasquale Tipaldi (24 dicembre 2005, Isola di Capo Rizzuto). Questa uccisione consente di smascherare tutta una serie di attività criminali poste in essere dall’associazione di tipo ‘ndranghetistico chiamata Nicoscia. Tale cosca è in fortissima contrapposizione (anche armata) con un’altra cosca, quella degli Arena. Entrambe operano nel territorio di Isola di Capo Rizzuto ma per lunghi anni, almeno fino agli inizi del 2000, hanno sempre operato come un’unica realtà criminale. Questo duro scontro però, paradossalmente, non viene registrato al nord dove non vengono infatti rilevati fatti sanguinosi eclatanti. Nel 2006 infatti le due cosche (Grande Aracri- Nicoscia da un lato, Arena dall’altro) hanno avviato delle vere e proprie trattative per mettere da parte i vecchi “screzi” e concentrarsi negli affari, soprattutto a Reggio Emilia e provincia. Questo riavvicinamento porta addirittura la Procura di Catanzaro a sostenere l’esistenza di una nuova cosca riunita. Quella degli Arena- Nicoscia. Perché queste trattative al nord? Qui, al contrario della zona cutrese, gli affari non si sono mai arrestati, neppure nei momenti più cruenti della guerra tra i due clan. Anche qui è importante soffermarsi sull’atteggiamento degli imprenditori estorti: essi diventano dei veri e propri finanziatori delle cosche e questo atteggiamento emerge soprattutto dal rifiuto di rivolgersi all’autorità giudiziaria. Ecco che avviene dunque una sorta di “metamorfosi”: gli imprenditori, da oppressi, diventano complici. Tuttavia non sempre è stato possibile formulare specifici capi d’imputazione, non essendo del tutto chiaro se le erogazioni di denaro siano state la conseguenza di un’azione intimidatoria o il frutto di una libera scelta. La possibilità di contestare ad appartenenti delle cosche Nicoscia e Arena di Isola di Capo Rizzuto un’attività estorsiva nei confronti degli imprenditori Giuseppe Giglio e Palmo Vertinelli si presenta grazie anche alle dichiarazioni del collaboratore Angelo Salvatore Cortese. Secondo la tesi accusatoria, Cortese chiarisce che il denaro richiesto agli imprenditori sia da ricondursi ad una vera e propria attività estorsiva. Il 16 novembre 2009 il GIP presso il Tribunale di Catanzaro emette un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di più dieci persone, tra cui Nicolino Grande Aracri, Fabrizio Arena, Salvatore e Antonio Nicoscia. L’1 luglio 2011 il GUP presso il Tribunale di Catanzaro rileva che le dichiarazioni di Giglio (sentito durante il processo) “evidentemente improntate a reticenza quanto ai contatti avuto con gli imputati” costituiscono (unitamente agli esiti delle intercettazioni ed alle dichiarazioni di Cortese) “un quadro probatorio univoco in ordine alla penale responsabilità di Salvatore e Antonio Nicoscia e Michele Pugliese.
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