L'omicidio di Salvo Lima
- saradonatelli0920
- 10 ago 2015
- Tempo di lettura: 2 min

Il 12 marzo 1992 viene ucciso a Mondello Salvo Lima, l’uomo di Andreotti in Sicilia. La tesi accusatoria propone come primo atto concreto di “minaccia” verso organi istituzionali proprio l’omicidio dell’Europarlamentare. Si tratta di una sorta di segnale per la classe politica. A sostegno di questa tesi abbiamo delle fonti di natura documentale e dichiarativa.
• La sentenza della Corte di Cassazione sull’omicidio di Salvo Lima: “L’omicidio Lima segna il momento iniziale di una svolta strategica di Cosa Nostra, dunque un suo nuovo modo di essere. Si tratta del primo omicidio commesso in attuazione dei programma”.
• Giovanni Brusca, collaboratore di giustizia, parla di “rami secchi” da tagliare (Vizzini, Mannino, Lima) e di nuovi riferimenti politico-istituzionali da identificare.
• Antonino Giuffré, collaboratore di giustizia, indica nell’omicidio Lima l’inizio di una nuova strategia, ricordando la frase di Salvatore Riina (fai la guerra che poi viene la pace).
• Angelo Siino, collaboratore di giustizia, riferisce dell’esigenza di Cosa Nostra, dall’omicidio Lima, di determinare “allarme sociale” tale da indurre esponenti delle istituzioni a mutare la “linea”.
• La sentenza della Corte di Assise sulla strage in Via D’Amelio (Borsellino ter): “Quattro delitti del 1992 intervenuti tra marzo e settembre (omicidio Lima, strage di Capaci, strage in via D’Amelio e omicidio Salvo) furono infatti, e senza alcun dubbio avvinti tra loro dalle intenzioni dei vertici di Cosa Nostra di frantumare le precedenti connivenze per crearne di nuove. La strategia del terrore doveva, nelle intenzioni dell’associazione criminale, fondare i presupposti di una contrattazione con le istituzioni repubblicane in posizione di assoluta preminenza”.
Per avere un quadro globale della strategia corleonese va ricordato, sulla base delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, che erano stati progettati e che poi non furono portati ad esecuzione altri attentati ai danni di: Claudio Martelli, allora Ministro della Giustizia; degli onorevoli Calogero Mannino, Carlo Vizzini e Claudio Fava; dei funzionari di polizia Arnaldo La Barbera e Calogero Germanà (che riuscì a sfuggire ad un agguato a Mazara del Vallo il 14 settembre 1992), del magistrato Piero Grasso. Inoltre le sentenze a carico di Carmelo Scalone (accusato di partecipazione alla Falange Armata) riferiscono che i soggetti minacciati erano: Vincenzo Scotti (Ministro degli Interni), Nicola Mancino (Ministro degli Interni), Vincenzo Parisi (Capo della Polizia), Oscar Luigi Scalfaro (Presidente della Repubblica), Adalberto Capriotti (Direttore del Dap), Francesco Di Maggio (Vicedirettore del Dap), Giovanni Spadolini (Presidente del Senato). L’omicidio di Salvo Lima ha dunque un movente polifunzionale: eliminare i traditori (coloro che non hanno mantenuto le promesse e non si sono impegnati per un esito diverso del maxiprocesso), dare un segnale a tutti gli altri “rami secchi”, creare una strategia della tensione e cercare nuovi referenti politici, più stabili e di cui potersi fidare.
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